Uno studio dell’Università di Nottingham ha dimostrato la presenza di una molecola all’interno della “centrale elettrica” delle cellule umane che potrebbe essere la chiave per limitare gli effetti dell’età.

L’elisir della giovinezza? Potrebbe trovarsi in una proteina in grado di limitare oil declino del corpo, dovuto al tempo o alle malattie causate dall’invecchiamento. Secondo gli studiosi dell’Università di Nottingham all’interno della “centrale elettrica” delle cellule umane è presente una proteina “ferma tempo”. Gli scienziati inglesi lo hanno spiegato in un’indagine scientifica pubblicata sulla rivista Aging.

Farmaci di nuova generazione – Questa scoperta apre la strada alla possibilità di creare composti chimici più mirati. Si potrebbero infatti creare nuovi farmaci in grado di aiutare a rallentare gli effetti debilitanti del tempo sul nostro organismo e di allungare l’aspettativa di vita. Ma non solo: grazie all’effetto della proteina si potrebbero combattere anche malattie piuttosto gravi e invalidanti, come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer.

Il ruolo chiave dell’anidrasi carbonica – Il lavoro, guidato dalle scienziate dell’università inglese Lisa Chakrabarti e Amelia Pollard, si è concentrato sulle proteine di anidrasi carbonica. L’anidrasi carbonica è l’enzima che converte l’ossigeno che respiriamo in energia necessaria ad alimentare l’organismo; si trova all’interno dei mitocondri, i granelli considerati le “batterie” delle cellule. Gli scienziati hanno separato tutte le proteine che si trovano nei mitocondri delle cellule cerebrali e muscolari di cervelli giovani normali e di cervelli di mezza età, confrontando poi i due campioni, entrambi animali.

La proteina della giovinezza – Hanno così rilevato che la quantità di anidrasi carbonica (è maggiore e le proteine sono anche più attive) nei campioni di organi più anziani. Un tipo di tecnica chiamata elettroforesi bidimensionale ha aiutato a separare le miscele proteiche complesse. Gli esperti hanno poi studiato l’effetto della proteina sui vermi nematodi, per poi identificare i composti chimici che possono avere successo in termini di anidrasi carbonica e studiare l’effetto di questi potenziali inibitori. Scoprendo che la proteina riduce la loro durata di vita. Se i risultati dello studio venissero confermati, potrebbe aprirsi dunque una nuova pagina nello sviluppo di farmaci efficaci contro i danni dell’invecchiamento. (fonte)

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