A cosa serve un patto di famiglia? Cosa sono i patti successori? Quali sono le caratteristiche del patto di famiglia?
Forse avrai sentito parlare del contratto che va sotto il nome di patto di famiglia, soprattutto se sei il titolare di un’impresa o di un’azienda. Come suggerisce il nome, il patto di famiglia è un accordo che intercorre tra familiari per regolare la successione di uno di essi; in modo particolare, con questo contratto si decide a chi e in che modo il titolare di un’impresa o di partecipazioni societarie trasmette la sua azienda o la sua quota. Funzione del patto di famiglia, quindi, è quella di garantire la regolare prosecuzione dell’impresa quando il suo originario titolare non ci sarà più. Si tratta di uno strumento importantissimo, fondamentale per il prosieguo di un’attività commerciale che, com’è noto, coinvolge anche gli interessi di quanti lavorano alle dipendenze del datore. Per tutte queste ragioni, quindi, il legislatore italiano, nel 2006, ha deciso di derogare al divieto di stipulare patti successori (cioè quegli accordi che disciplinano la successione del futuro defunto) accordando all’imprenditore di disporre già in vita della propria azienda. Il patto di famiglia, quindi, rappresenta uno strumento di grande importanza, un’alternativa al testamento che, come si sa, produce i suoi effetti solamente alla morte del testatore. Pertanto, se sei un imprenditore o semplicemente ti interessa questo argomento, ti invito a proseguire nella lettura di questo contributo: vedremo insieme cos’è e come funziona un patto di famiglia.
Divieto di patti successori: cos’è?
Non possiamo parlare del patto di famiglia, né capire cosa sia e come funzioni, se prima non spieghiamo cosa sono i patti successori e perché sono vietati dalla legge. Per patti successori si intendono gli accordi con i quali un soggetto dispone della propria successione, nonché gli atti di disposizione o di rinuncia relativi a diritti su una successione non ancora aperta. In parole povere, i patti successori sono tutte quelle convenzioni con le quali una persona:
- decide in maniera irrevocabile, mentre è ancora in vita, di istituire uno o più individui come propri eredi o legati (cosiddetto patto istitutivo);
- dispone dei diritti che potrebbero spettargli su una successione non ancora aperta (patto dispositivo). Si pensi a Tizio, futuro erede di Caio, che dispone della sua eredità come se Caio fosse già morto, ad esempio decidendo di vendere l’autovettura di quest’ultimo nella convinzione che spetterà a lui in qualità di erede;
- rinuncia anticipatamente a un’eredità futura (patto rinunciativo).
La legge prevede espressamente la nullità di ciascun tipo di patto successorio ; ma perché? Per quale motivo, ad esempio, non posso decidere ora chi saranno i miei eredi? La ragione è semplice: l’unico strumento previsto dalla legge per poter regolare la propria successione è il testamento. Essendo atto di ultima volontà, il testamento presenta alcune caratteristiche tipiche, quali la personalità, l’unilateralità e, soprattutto, la revocabilità. In pratica, chi scrive il proprio testamento può in qualsiasi momento revocarlo, cioè porlo nel nulla; oppure può modificarlo o sostituirlo con uno nuovo; in pratica, la volontà del testatore è e deve rimanere sempre libera. Al contrario, il patto successorio è un contratto e, in quanto tale, per definizione è vincolante e non revocabile. Se Tizio decidesse di lasciare a Caio, a titolo di legato, centomila euro, mentre con il testamento, finché è in vita, potrà sempre modificare questa disposizione, con un patto successorio no, perché sarebbe vincolante. Per questo motivo, e cioè per proteggere la libertà di colui che dispone dei propri beni per quando sarà deceduto, la legge sanziona con la nullità assoluta questi patti: in altre parole, non hanno alcun effetto.
Patto di famiglia: cos’è?
Fatta questa necessaria premessa, possiamo spiegare ora cos’è il patto di famiglia: si tratta di un contratto vero e proprio con cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o solamente in parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti . In poche parole, il patto di famiglia serve a garantire agli imprenditori una successione certa nell’interesse dell’azienda mediante una deroga al divieto dei patti successori sopra analizzato. Il patto di famiglia, infatti, è un vero e proprio patto successorio, eccezionalmente ammesso dalla legge per tutelare l’interesse aziendale. Pertanto, la legge ha inteso consentire all’imprenditore di disporre liberamente della propria azienda o delle partecipazione societarie di cui è titolare per il periodo successivo alla propria morte, purché in accordo con i componenti della propria famiglia.
Patto di famiglia: caratteristiche
Per espressa previsione legislativa, il patto di famiglia è un contratto:
- gratuito, nel senso che i discendenti che ricevono l’azienda o le partecipazioni societarie non devono nulla (salvo liquidare il valore della quota di legittima agli eredi che non hanno ricevuto nulla, come vedremo tra poco);
- ad efficacia reale, poiché il trasferimento avviene con il solo consenso delle parti;
- solenne, perché deve rivestire necessariamente la forma dell’atto pubblico;
- a partecipazione necessaria, nel senso che il contratto deve essere necessariamente sottoscritto dal coniuge di colui che trasferisce l’azienda o le partecipazioni societarie e dai legittimari, cioè dalle persone che, se la successione si aprisse in quel momento, sarebbero eredi necessari (in poche parole, i figli o, se premorti, i nipoti).
Patto di famiglia: come funziona?
Finora abbiamo visto cos’è e a cosa serve un patto di famiglia; vediamo ora come funziona concretamente un accordo di questo genere. Con il patto di famiglia l’imprenditore decide di trasferire la sua azienda ai suoi discendenti oppure, in caso di società, se è titolare di mere quote di partecipazione, di fare lo stesso con le sue azioni. Caratteristica fondamentale del patto di famiglia sono le qualifiche di coloro che vi partecipano: chi dispone dei propri beni deve essere necessariamente un imprenditore o il titolare di quote societarie; chi ne beneficia, invece, deve essere necessariamente un discendente del primo. In poche parole, ciò significa che non è possibile che un imprenditore lasci la sua azienda ai genitori o al coniuge: può stipulare un patto di famiglia solamente a favore dei propri discendenti, cioè dei figli o, eventualmente, dei nipoti.
Con il patto di famiglia succede che i discendenti di cui abbiamo appena parlato ricevono in anticipo la loro parte di eredità sotto forma di azienda o di partecipazioni societarie; è chiaro, dunque, che si pone un problema con riguardo agli altri eredi e, in particolar modo, con i legittimari. Questi ultimi sono gli eredi necessari, coloro che, per legge, debbono per forza avere una fetta di eredità. Per tale ragione, la legge prevede che al patto di famigliapartecipino anche costoro, sebbene non siano diretti beneficiari del trasferimento d’azienda. A tutela dei legittimari esclusi, infatti, viene stabilito che gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie provvedano a liquidare a questi ultimi una somma di danaro corrispondente al valore della quota di legittima, ferma restando la possibilità per i contraenti di convenire una liquidazione totale o parziale in natura (cioè attraverso il trasferimento di beni anziché di danaro).
Patto di famiglia: la tutela dei legittimari
Abbiamo detto che, costituendo il patto di famiglia un’anticipazione sulla successione che si aprirà solamente alla morte dell’imprenditore, debbano partecipare al momento della sua stipula tutti coloro che sarebbero legittimari se la successione si aprisse in quel momento (in pratica, tutti coloro che sarebbero eredi di diritto se l’imprenditore morisse in quell’istante).
Allo scopo di tutelare il coniuge o gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto, e che quindi non abbiano goduto della liquidazione della somma di danaro corrispondente al valore della quota loro spettante per legge, il codice riconosce loro il diritto di chiedere ai beneficiari del patto di famiglia il pagamento della somma corrispondente alla quota di legittima, comprensiva degli interessi legali. Si è discusso a lungo circa il significato di quest’ultima disposizione, secondo la quale, si ripete, i legittimari estromessi dal patto di famiglia possono comunque chiedere ai beneficiari, cioè a coloro a cui sono state assegnate l’azienda o le partecipazioni societarie, il pagamento della legittima loro spettante. Ed infatti, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, i legittimari devono per forza partecipare alla stipula del patto di famiglia. Ora, le ipotesi sono due:
- se la partecipazione di coloro che sarebbero legittimari se, al momento della stipula del patto di famiglia, si aprisse la successione, fosse una condizione essenziale del negozio giuridico stesso, allora il patto, in loro assenza, sarebbe assolutamente nullo (o, al limite, inefficace). In questo caso, la previsione sopra vista secondo cui i legittimari che non hanno preso parte al patto di famiglia possono comunque chiedere l’equivalente in danaro della loro quota sarebbe riferibile solamente nel caso di legittimari sopravvenuti (ad esempio, un figlio nato dopo la stipula del patto di famiglia con gli altri discendenti);
- se, invece, la partecipazione dei legittimari non è condizione di validità o di efficacia del patto, allora il loro diritto a chiedere il corrispondente in danaro della quota di legittima si estenderebbe non solo ai sopravvenuti, ma anche a coloro che erano già eredi necessari al momento della stipula del patto di famiglia ma che non vi hanno preso parte (ad esempio, perché non informati).
Patto di famiglia: scioglimento
Quanto disposto con il patto di famiglia può essere cancellato o modificato mediante un accordo uguale e contrario. Secondo la legge, infatti, il contratto può essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il patto di famiglia nei modi seguenti:
- mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti sopra descritti;
- mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio.