Stregati dalla Luna: il bianco e l’argento, i tagli rigidi e trapezoidali, i tessuti laminati e tecnologici, i capelli cotonati gonfi e rotondi quasi a ricordare un casco, il make up opalescente chiaro sul viso e sul corpo, i tavoli con l’alluminio essenziali e squadrati e gli sportelli ad oblò. Sono solo alcuni esempi di come la luna abbia stregato tutti, influenzato tra l’altro moda, design, beauty, ispirato suoni e immagini. E non solo negli anni intorno al 1969 ma ben oltre, fino ai nostri giorni in quei corsi e ricorsi in cui il fashion rielabora il passato e lo rilancia aggiornandolo nel presente. Collezioni spaziali, futuriste, estreme si diceva allora, oggi invece quei canoni ci sembrano acquisiti proprio perchè la moda, più di altri, è un linguaggio anticipatore dei tempi. Echi lunari c’erano prima di quel 20 luglio di 50 anni fa nelle collezioni provocatorie di Cardin e Courreges e poi negli anni successivi fino ad oggi, alle sfilate ultime di Emporio Armani e di Mooncler Genius per fare un esempio.
La conquista dello spazio ha una potenza simbolica forte, suggerisce viaggi verso l’infinito dove sull’infinito finalmente si mette piede, esalta le capacità dell’uomo di spingersi oltre i propri limiti fin dove era fino ad allora solo immaginabile. Quell’infinito oltre da sè su cui si era esercitato il pensiero filosofico antico da Aristotele in poi trova 50 anni fa, al netto delle ragioni politico strategiche della sfida Usa – Urss in piena Guerra Fredda, un punto di esaltazione massima e irripetibile.
Walking on the moon cantavano Sting e i Police cullandoci con il reggae, mentre nel 1972 Elton John con Rocket Man mette in pop la quotidianità di un astronauta lontano da casa, un concetto, quello della solitudine cantato anche da David Bowie nell’immensa Space Oddity in cui guidava la sua astronave lontano dal mondo. E poi i Pink Floyd che composero addirittura una canzone, Moonhead, che suonarono e composero appositamente per il successo dell’Apollo 11 ed eseguirono durante la diretta dello sbarco per una trasmissione della BBC dedicata al grande evento. La moda in particolare sembra trovare nel cosmo una fonte di ispirazione e l’allunaggio di 50 anni fa ha anche un impatto forte sui tessuti, spingendo il settore verso la ricerca di materiali altamente performanti e adatti a situazioni estreme. C’è poi il caso celebre dei Moon Boot: Giancarlo Zanatta, imprenditore e produttore di scarponi di Montebelluna, creò un dopo sci ambidestro, leggero, impermeabile, ispirandosi agli scarponi indossati dagli astronauti: un successo italiano ancora oggi unico. La storia della moda legata allo sbarco comincia prima dell’allunaggio, respira l’aria delle conquiste spaziali e anticipa con i tagli squadrati, gli abiti corti, gli orli rigidi. Quelli che si vedono nel film di Roger Vadim, Barbarella, con una Jane Fonda in tute super sexy ma anche nella collezione Space age di Courreges, datata 1964: le sue modelle sfilarono in mini abiti e body aderenti tutti plastica e vinile. I giornali dell’epoca le ribattezzarono ‘Moon Girls’ e quegli stivali bianchi lucidi, le parrucche color argento, quei tubini, il trucco pallido cominciarono ad essere di gran moda. Nel ’66 un altro francese, Pierre Cardin anticipa i tempi ispirandosi allo spazio con abiti con colli ad anello come le tute degli astronauti e cappelli-casco, mentre Emilio Pucci disegna le stelle per le tute degli astronauti per l’Apollo 15. Simbolo di tutto questo è proprio la Nasa: il logo governativo dell’agenzia spaziale americana è concesso a molti stilisti. Al momento è tra i brand più amati dello streetwear: felpe e sneaker vestono i giovani che pensano che l’uomo sulla Luna sia un videogioco e non un’impresa eccezionale. (Ansa)