Una cinquantina di ‘vecchi’ farmaci già sviluppati e in uso per diversi tipi di malattie hanno rivelato di avere inaspettate attività antitumorali. A dimostrarlo è stato un team di ricercatori statunitensi che ha sottoposto a uno screening sistematico oltre 4.500 molecole su 578 cellule di tumore.
Nello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Cancer, i ricercatori hanno testato 4.518 molecole e composti su 578 linee cellulari appartenenti a 24 tipi diversi di cancro. Hanno così scoperto che ben 49 farmaci non antitumorali riuscivano, di fatto, a uccidere alcune cellule tumorali, lasciando intatte le altre. Tra questi vi erano farmaci già approvati dalla Food and Drug Administration (ente regolatorio statunitense) e già dimostrati sicuri, inclusi farmaci per diabete, infiammazione, alcolismo e persino per il trattamento dell’artrite nei cani. I risultati, si legge sul paper, hanno mostrato “che i farmaci non oncologici avevano un tasso inaspettatamente alto di attività antitumorale”.
“Prima di iniziare, pensavamo che saremmo stati fortunati se avessimo trovato anche un singolo composto con proprietà anti-cancro. Siamo rimasti molto sorpresi di averne trovati così tanti”, ha dichiarato uno degli autori dello studio, Todd Golub, direttore del Cancer Program presso il Broad Institute di Cambridge, nel Massachusetts. Alcuni composti hanno agito con meccanismi non comuni, ovvero non inibendo una proteina, ma attivandola. La maggior parte dei farmaci che ha ucciso le cellule tumorali, lo ha fatto interagendo con un bersaglio molecolare precedentemente non riconosciuto. “I risultati sono molto interessanti perché mostrano l’attività antitumorale inaspettata anche di farmaci non oncologici. Si tratta tuttavia di una valutazione effettuata in laboratorio e i risultati non sono al momento traducibili nella pratica clinica per i nostri pazienti”, spiega all’ANSA Stefania Gori, presidente di Fondazione Aiom e direttore del Dipartimento di Oncologica dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria Negrar. Questo, conclude, “è solo l’inizio di un campo di ricerca che si svilupperà in futuro per valutare nuovi e inaspettati possibili meccanismi di azione contro le neoplasie”. (Ansa)