Rapper? Non solo, non più. Cantautore? Sì, ma è una definizione riduttiva. Rocker? Popstar? Achille Lauro è il personaggio del mondo musicale attuale più difficile da collocare dentro i limiti angusti di uno schema predefinito. Lo ha dimostrato, se a qualcuno non era ancora chiaro, anche all’ultimo festival di Sanremo, dove non ha portato solo una canzone, ma un intero progetto creativo che lo ha visto trasformarsi in David Bowie, in San Francesco, nella Regina Elisabetta I, attraversando limiti imposti tra sacro e profano.
Lauro (Lauro De Marinis all’anagrafe) non ama le gabbie né gli stereotipi, si diverte a confondere le acque, a stupire, lascia che il suo guizzo eclettico e multiforme prenda rivoli e strade diverse e impensabili (per gli altri). Si è scoperto anche scrittore. Dopo l’autobiografia romanzata uscita a inizio 2019, Sono io Amleto, che suscitò qualche polemica per i racconti crudi legati a un’adolescenza ai margini e all’uso di droghe, esce ora “16 marzo – L’ultima Notte” (Rizzoli) (come il titolo dell’ultimo singolo rilasciato).
“Il percorso è uno solo: investi tutto. Tempo, denaro.
Rinuncia, soffri. Scordati momenti per te, scordati il sonno, rimanda i pasti – è un passaggio tratto dall’ottavo capitolo del libro anticipato in esclusiva all’ANSA -. Il successo è solo avere il coraggio di fallire tante volte. Il successo è fallire.
Il successo è credere di essere un fallito, credere di aver fallito. È soprattutto credere che sia la fine, i dubbi sono la tua colazione, le contraddizioni di uno psicopatico legato ad un letto. Il successo è rinunciare a quello che hai, in cerca di niente. Il successo è costruire castelli di sabbia. Soldi che sembrano essere fantasmi”.
Un libro tra letteratura e poesia e che conduce il lettore in un viaggio a bordo della DeLorean tra passato, presente e futuro. Una “Ultima Notte” descritta in un racconto che narra di stati d’animo, di verità, di visioni, di follia, di consapevolezza e di maturità, di paura e di coraggio.
Achille Lauro racconta chi è davvero Lauro De Marinis e lo guarda come il suo riflesso nello specchio, per la prima volta non più un ragazzo ma un uomo maturo che in una notte buia vagheggia con il suo pensare trasformando i suoi stati d’animo in una poetica e dolorante esternazione. Un vuoto temporale che trova il senso del tempo stesso solo negli orari ordinatamente elencati.
“Capii subito che per colpire avevo bisogno di tre cose: cambiare modo di fare, cambiare modo di parlare, e di un nuovo e scintillante paio di scarpe. Sì esatto, scarpe di pelle. Nuove, lucide e luccicanti. Uno Stivaletto nero, classico, elegante.
Chi non si è mai chiesto perché i venditori vanno in giro tutti agghindati? Benvenuti dove l’abito fa il monaco – si legge nel secondo capitolo -. Il venditore deve saper convincere il venditore per convincere deve trasmettere fiducia. Per trasmettere fiducia a uno sconosciuto apparire ottime persone è determinante. È una recita, è un’arringa. «Signore e Signori!» Puntai sulle scarpe e sulla cintura: accessori eleganti che valorizzassero l’abito semplice. Camicia nera e pantalone nero classico erano la mia divisa; impreziosita da stivaletti costosi e cintura in pelle vera avrei ingannato chiunque. Cambiai modo di parlare, provavo a limare la cadenza. Cambiai modi di fare le discussioni diventavano conversazioni. Capii che negli affari non esistono litigi ma sorrisi e compromessi. La calma è virtù di punto in bianco, da un giorno all’altro. Ero un avvocato”.
(ANSA).