«Nessuna ipocrisia. Bisogna rispettare la Costituzione . Anche gli islamici in Italia la devono rispettare.
«L’articolo 8 della Costituzione prevede che tutte le religioni debbano “stringere” un patto con lo Stato: l’Islam è l’unica confessione religiosa a non averlo fatto. Non si vuole in alcun modo limitare la libertà di culto, né ai musulmani, né ad altri. La libertà di culto è sacra e va salvaguardata. Il problema è che si vuole costruire un luogo per la professione di una religione che non rispetta i principi della Costituzione e professa altro e oltre la stessa religione».
MOSCHEE – ITALIA: LA MOSCHEA NON E’ UN DIRITTO, L’ATTIVITA’ DI CULTO E’ UN DIRITTO, L’EDIFICIO DI CULTO NO! L’ISLAM NON E’ , FORMALMENTE NE SOSTANZIALMENTE SOLO UNA RELIGIONE!
1) La moschea non è un diritto. La costituzione, articolo 19, sancisce che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.” L’attività di culto, pertanto, è un diritto, l’edificio di culto, no!
2) L’Islam non è, formalmente, una religione. L’articolo 8 della Costituzione sancisce, sì, che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge ma precisa che quelle diverse dalla cattolica non possono andare in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano. Il terzo e ultimo comma dell’art. 8 precisa, inoltre, che i rapporti tra questi culti (quelli compatibili con l’ordinamento italiano) e lo Stato devono essere regolati sulla base di intese con le relative rappresentanze. E qui i problemi sono due: il primo è che nessuno è ancora riuscito a dimostrare formalmente che l’Islam sarebbe compatibile con i valori costituzionalmente sanciti, cosa che si fa siglando l’intesa; il secondo è che non c’è rappresentanza, nel senso che, non essendoci una gerarchia piramidale, nell’islam vige l’autoreferenzialità. Chiunque può millantare di rappresentare i musulmani ma nessuno può dimostrare di essere effettivamente rappresentativo. Nei paesi musulmani, i governi individuano degli organismi e conferiscono loro autorevolezza, in Italia è la giungla.
3) L’Islam non è, sostanzialmente, solo una religione. Ridurre l’Islam ad una semplice religione potrebbe essere persino offensivo per i seguaci di Maometto. La dimensione spirituale è solo una delle tante sfaccettature dell’Islam, ci sono anche le dimensioni legale, politica e sociale, fatta per lo più di doveri e divieti (da imporre in alcuni casi anche agli altri). C’è chi, all’interno dell’Islam si batte per separare la dimensione spirituale dalle altre ma, purtroppo, non ha né molto seguito né successo. Teniamo quindi presente che se diciamo “sì” all’Islam (e la moschea sarebbe un “sì” bello grosso) dobbiamo sapere che ne accettiamo tutte le dimensioni. Sicuri di volerlo ancora?
4) La moschea non è solo un luogo di culto. Come spiegava egregiamente il celebre studioso delle religioni, Massimo Introvigne, la moschea è molto più di un luogo di culto, ” è un centro dove la comunità si raduna per affrontare questioni culturali, sociali e politiche, oltre che religiose. Nella moschea si trova normalmente, oltre a una scuola islamica, un tribunale coranico che – come è noto – non si occupa solo di questioni strettamente religiose. Tutta l’azione dell’islam politico parte dalla moschea”. Se i musulmani fossero davvero interessati ad avere solo dei luoghi di culto, chiederebbero più sale di preghiera, delle musallayat (sing. musalla). Invece, guarda caso, chiedono sempre delle moschee, forti del fatto che chi non conosce l’islam le paragona alle chiese cristiane.
5) E l’integrazione, dove la mettiamo se i musulmani si chiudono in moschea? Fornire o facilitare la realizzazione di centri di aggregazione sociale, culturale, politica e religiosa non aiuterà l’integrazione, cioè l’inserimento dei musulmani nel tessuto sociale. Al contrario, in questo modo se ne alimenta il settarismo. Il politologo Giovanni Sartori, nel suo saggio “Pluralismo, multiculturalismo ed estranei” spiega meglio di me quali sono le dinamiche che portano alla disintegrazione della società. Pisapia e Co. , con la loro politica buonista, ne stanno accelerando il processo.
6) Perché il minareto? A cosa serve? Ce lo vedete il muezzin che, a Milano, dall’alba al tramonto strilla il richiamo alla preghiera, magari in un arabo cantilenato? I prezzi degli immobili cadrebbero in picchiata. Se i musulmani vogliono svegliarsi alle 5 e prostrarsi in direzione de la Mecca, puntino la sveglia sugli iphone e lascino in pace gli altri. Non dimentichiamo che gli edifici stretti e alti, che si tratti di grattacieli o luoghi di culto, simboleggiano il potere. Un alto minareto altro non sarebbe che un’ostentazione della presenza e dell’influenza territoriale dell’islam.
7) Le grandi città europee hanno delle moschee, Italia è indietro? A chi fa notare il gap, in termini di presenza di moschee del Italia rispetto agli altri stati europei e lo spaccia come un segno di intolleranza, faccio notare che le nazioni prese a modello, con l’Islam, hanno molti più problemi di noi. Forse non tutti i problemi sono collegati alle moschee ma di rado lo sono le soluzioni.
8) Non svendiamo il territorio per i soldi degli arabi. Edificare in fretta e furia una moschea con la scusa di gratificare i ricchi visitatori arabi (sperando che per ricambiare il favore investano i loro capitali in Italia) è subdolo e servile nel caso funzioni e stupido in caso contrario. Italia è forse in vendita?
9) Al Caim sono giovani e spigliati ma chi c’è dietro? Anche se il Caim di rado si esprime sulla politica estera per non essere accostato a qualche Stato o gruppo politico, agli addetti ai lavori non sono certo sfuggiti certi legami con l’Ucoii (il coordinatore, Davide Piccardo è figlio di Hamza Roberto, fondatore dell’Ucoii) e, di rimando, con i Fratelli Musulmani. Un legame, quello tra i Fratelli Musulmani e l’Ucoii che formalmente non esiste ma sostanzialmente in molti danno per scontato.
10) Neanche i musulmani si fidano dei musulmani. Anche il vicepresidente della Comunità religiosa islamica (Coreis), Yahya Pallavicini ha manifestato le sue perplessità circa la scelta di fare una grande moschea e concederla in gestione al Caim favorendo la nascita di un potentato vicino a qualche paese islamico e a qualche movimento politico-religioso. «Fra i musulmani – riporta Pallavicini – c’è il timore che alcuni “partiti” islamici vogliano queste moschee per imporre il proprio potere».
Potrei citare molte altre ragioni per non costruire la moschea ma, secondo me, queste dieci bastano e avanzano. Le buone intenzioni non bastano e che né l’integrazione, né la pacifica convivenza passano dalle moschee.