La riforma del catasto in eredità al nuovo Governo moltiplicherebbe il valore delle case nelle grandi città e anche il conto del Fisco.
Il nuovo Governo dovrà affrontare molti nodi ancora irrisolti. Tra questi la riforma del catasto, annunciata sul finire della scorsa legislatura ma poi congelata in attesa del suo destino.
La riforma, che prevede la convergenza tra fisco e mercato, si è bloccata di fronte all’evidenza che non si potrebbero più applicare le aliquote ora in vigore se non si vuole impoverire ancora di più famiglie e imprese e dare il colpo di grazia al mercato immobiliare.
Il nuovo Governo avrà quindi il compito di scegliere tra due soluzioni: mantenere lo status quo e quindi anche l’ingiustizia diretta conseguenza di una situazione che per quanto riguarda gli estimi in vigore è ferma a trent’anni fa. Oppure apportare i necessari correttivi per rendere i nuovi valori sostenibili.
COSA CAMBIEREBBE – Il principale impatto della riforma del castasto si vedrà sul valore delle case nelle grandi città, destinato a essere portato molto più in su, sia in centro e sia in periferia. Ma c’è anche un altro aspetto: l’aumento delle tasse. Se le tasse sugli immobili fossero calcolate sui valori di mercato, gli imponibili fiscali crescerebbero fino a circa il doppio in periferia e a cinque volte di più in centro.
Stando infatti a una prima valutazione, basato sulla sperimentazione della riforma del catasto a Roma e Milano, è stato sì registrato un aumento del valore di mercato di oltre un terzo, ma anche un aumento delle tasse sugli immobili ovvero Tasi e Imu.
UN ESEMPIO – Il Corriere ha confrontato le quotazioni a Milano relative al secondo semestre dello scorso anno con gli estimi catastali in vigore. Da una parte ha ipotizzato che si tratti della prima casa del contribuente, e quindi con esenzione da Imu, e considerando l’imponibile ai fini delle imposte di trasferimento: va ricordato che l’imposta di registro si paga sul minor valore tra l’imponibile fiscale e il prezzo reale di acquisto.
Dall’altra, per il non residenziale ha considerato l’imponibile ai fini Imu perché le imposte sono computate sul prezzo reale. Entrando più a fondo dei dati rilevati, per le case di pregio lo scarto tra mercato e fisco arriva a superare nelle aree di maggior valore anche il 400%. Per quelle accatastate come A2 (abitazioni di tipo civile) di finitura media in zona residenziale si èsopra il 300% mentre per la classe A3 (abitazioni di tipo economico) la differenza supera il 100%. Quote differenze nel non residenziale, dove la differenza tra valore attuale e imponibile Imu per gli uffici nelle aree di pregio arriva fino al 100% per poi annullarsi progressivamente in periferia. E per i negozi, al di là del cuore vitale (quello di Via Vittorio Emanuele e del Quadrilatero), l’imponibile fiscale è maggiore del valore. (Fonte)